Le icone su vetro
La pittura su vetro – tecnica millenaria, introdotta in Transilvania dopo l’annessione della regione all’Impero asburgico (1699) – conobbe una straordinaria diffusione a livello di massa a seguito di un fatto miracoloso avvenuto nel villaggio di Nicula (Nord Transilvania), dove nel febbraio del 1694 (o 1699) la Madonna con Bambino raffigurata su un’icona di legno della chiesa lacrimò per diversi giorni. L’evento miracoloso trasformò il villaggio in meta di numerosi pellegrinaggi, in occasione dei quali i fedeli desideravano procurarsi un’immagine della Madonna miracolosa da portare nelle loro case. Di qui la massiccia diffusione della pittura di icone su vetro in Transilvania.
L'icona classica e il suo significato teologico-spirituale
L’icona (dal termine greco eikon, che significa immagine) è di natura sua legata alla liturgia e apre il credente all’adorazione di Dio in forma sensibile. Contemplando l’immagine, il fedele sta alla presenza di Colui che in essa è rappresentato e Lo prega. Al centro dell’icona ortodossa si trova sempre Gesù Cristo, raffigurato nelle scene soprattutto della Natività, Battesimo, Ultima Cena, Risurrezione. Il soggetto più rappresentato è però la Madonna, in particolare la Madonna con il Bambino e la Vergine Addolorata, insieme all’Annunciazione, Incoronazione, Dormizione. Molto frequenti sono anche le icone dei Santi, ognuno dei quali viene invocato in relazione a determinate necessità. Così, ad esempio, si prega Sant’Elia quando c’è bisogno di pioggia in periodi di siccità o di protezione del raccolto durante i temporali, mentre a difesa dalla peste si prega San Caralampo; molto presenti anche San Giorgio e San Nicola. Ogni stagione poi ha il suo protettore specifico, così come le diverse categorie di mestieri hanno il loro santo patrono.
La tecnica della pittura su vetro
La pittura delle icone su vetro seguiva un procedimento che dovrebbe definirsi piuttosto pittura «sotto» vetro. Il pittore infatti disegnava e colorava l’icona su quello che, a opera finita, sarebbe risultato il verso della lastra di vetro (per lo più prodotta a mano in piccole vetrerie locali), mentre la parte opposta, esposta all’occhio dell’osservatore, fungeva da schermo protettivo. Questo procedimento comportava che i contorni fossero disegnati in modo inverso così che, una volta girato il vetro, l’immagine si presentasse correttamente. Prima fase era il disegno dei contorni mediante un sottile pennello, quindi si procedeva alla colorazione delle parti delle figure e del fondo; in determinati casi e regioni si faceva uso anche di una sottile pellicola di colore oro o argento. Al termine, dopo una pennellata di vernice sul fondo per preservarlo dall’umidità, il dipinto veniva incorniciato e protetto posteriormente da un pannello di legno.
Contadini che dipingono per contadini
La pittura su vetro in Transilvania non era l’occupazione principale – fatte alcune eccezioni – di quanti la praticavano. Contadini da sempre, questi piccoli artisti si dedicavano a quest'arte nelle loro case, apprendendola dall’esperienza. Tutti i colori venivano prodotti con materiali naturali, impiegando anche mescole con grassi di origine animale, tuorli d’uovo ecc. Dipingere le icone non era però mai un fatto puramente materiale: i pittori dovevano prepararsi anche spiritualmente, con preghiere e digiuno. Economiche e di piccole dimensioni soprattutto all’inizio, queste icone godettero di un’enorme popolarità tra la gente delle campagne, dove ogni casa, anche la più povera, aveva almeno un’icona di Cristo, della Madonna o di un Santo. Con la crescita della domanda, crebbe anche l’offerta: ai pittori della zona di Nicula, più tardi si affiancarono anche anonimi artisti di altre località, dando vita a diversi centri di produzione, tutti ben rappresentati dai capolavori custoditi nel Museo di Sibiel.
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